Tratta e commercio di esseri umani, soprattutto minori, ragazze e ragazzi, sfruttati per sesso e lavoro. La seconda economia illegale dopo il traffico di armi e al pari di quella della droga. Davide Tuniz, formatore della Fondazione ACRA di Milano, con un’esperienza ultradecennale alle spalle, ci racconta quello che non vogliamo vedere:
dalla prostituzione al calcio
Per raccontare un fenomeno bisogna comprenderlo e utilizzarne il linguaggio, altrimenti rischiamo di non capire fino in fondo, anche se un fondo non c’è. Perché quando si parla di tratta o traffico di esseri umani nel terzo millennio, quando si parla di minori sfruttati per sesso e lavoro non c’è fondo allo sdegno e alla frustrazione. Stiamo parlando della seconda economia illegale al mondo, dopo il traffico di armi e al pari di quello della droga, capace di smuovere dai 32 ai 35 miliardi di dollari l’anno. Un mercato – utilizzeremo spesso parole che richiamano l’economia – dinamico che si muove su più canali e per questo molto difficile da contrastare. Un mercato in cui l’80 per cento delle persone coinvolte sono donne e anche se nessuno qui paga le tasse (eufemismo) l’Onu riesce ogni due anni a pubblicare report che rappresentano lo stato dell’arte del fenomeno a livello globale.
Davide Tuniz oggi è formatore della Fondazione ACRA di Milano, piemontese classe ’73, ha studiato Scienze politiche con indirizzo in Relazioni internazionali: “Ho iniziato a lavorare al Centro Servizi per il Territorio di Novara nella seconda metà degli anni Novanta, nel settore del volontariato. Frequentavo ancora l’università e prima di terminare gli studi sono venuto a conoscenza di una casa nella periferia di Manaus, stato di Amazonas, fondata da una suora salesiana che accoglieva minori e adolescenti in situazioni di rischio. Ci sono andato una prima volta durante le vacanze e poi mi sono trasferito in Brasile, portando un progetto legato al teatro e quando questo è terminato ho iniziato a lavorare con le vittime di tratta di esseri umani, anche in area indigena, dove le ragazze erano state vittime di un commercio dei loro corpi. Nel 2011 sono tornato a Manaus da Sao Gabriel da Cachoeira (l’area indigena) per lavorare con la ONG Rede Um Grito pela Vida, specializzata nelle vittime di tratta e traffico di esseri umani. E nel 2013 sono rientrato in Italia da Manaus, occupandomi di donne vittime di tratta e di violenza di genere tra Novara e Torino”.
Un’esperienza umana e territoriale che pochi possono vantare e che ci aiuta a capire e a vedere quello che non vogliamo: “il settore trainante è quello della prostituzione.
Oggi quella in strada è diventata minoritaria, a causa anche della pandemia di Covid-19, mentre quella indoor si è sviluppata sempre di più e non essendo visibile, è ancora più difficile da contrastare. È complicato incastrare gli sfruttatori perché tutte le transazioni avvengono online, ma lo sfruttamento resta. Molti vogliono credere alla fake news delle escort, ora non posso negare che esistano ragazze che in modo indipendente si prostituiscono, ma sono una minoranza, la maggioranza delle donne e delle persone transgender sono sfruttate: dai documenti ad affitti spropositati che nascondono la presenza di un controllo esterno. Nella tratta chi non è destinata o destinato alla prostituzione diventa manodopera per il lavoro nero oppure per il traffico d’organi, di cui si sa troppo poco”, sottolinea Davide.
Il mercato del lavoro schiavo è prettamente maschile, ma una buona percentuale di minori è vittima di tratta ai fini di sfruttamento sessuale. La maggior parte è impiegata nell’agricoltura, nel settore tessile ed estrattivo. E si è dovuto attendere il 2000 con la firma del Protocollo di Palermo per una definizione condivisa e globale della tratta, altrimenti difficile da individuare e da contrastare: “la tratta di persone indica il reclutamento, trasporto, trasferimento, l’ospitare o accogliere persone, tramite la minaccia o l’uso della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità o tramite il dare o ricevere somme di danaro o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra a scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento comprende, come minimo, quello della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro o i servizi forzati, la schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo di organi … Il consenso della vittima della tratta di persone allo sfruttamento di cui [sopra] è irrilevante in uno qualsiasi dei mezzi di cui [sopra] sono stati utilizzati”. Dove il punto fondamentale è proprio l’ultimo: il consenso delle vittime è irrilevante, anche perché nella maggior parte dei casi si tratta di persone vulnerabili, che vivono in condizioni di povertà e/o disagio sociale, poco istruite e facili prede di fronte alle promesse di guadagni facili e/o importanti.
“La tratta di esseri umani è un crimine spregevole che si nutre di disuguaglianze, instabilità e conflitti. I trafficanti traggono profitto dalla speranza e dalla disperazione delle persone. Si approfittano di quelle vulnerabili, privandole dei loro diritti fondamentali”
Segretario delle Nazioni Unite
“Le rotte principali di questo traffico – ci racconta Davide – sono ovviamente dal Sud al Nord del mondo. L’esempio più classico è la rotta africana, dai paesi subsahariani, come la Nigeria, verso la Libia, attraversando la Mauritania piuttosto che il Ciad e qui c’è un altro problema: quello della corruzione. I trafficanti di esseri umani possono pagare le guardie di frontiera per girare la testa dall’altra parte e 5 dollari bastano per chi ne prende uno al mese di stipendio; questa è un’altra piaga difficile da estirpare, anche perché andrebbero coinvolti i governi di questi Paesi, spesso corrotti pure loro. Un altro problema è la legislazione interna di alcune nazioni. In Brasile, per esempio, se scoprono una fabbrica tessile nella quale lavorano bambini, il reato rientra nella legislazione del lavoro minorile e non nel traffico di esseri umani, per il quale le pene sono più severe. Eppure dal Nord, povero, verso gli stati ricchi del Sud, in città come San Paolo, vengono fatti arrivare i minori che lavorano e dormono in fabbrica, ma la legislazione impedisce agli inquirenti di mandare all’aria tutta la filiera: così mentre la fabbrica si ferma la tratta continua verso altre aziende. È lo schiavismo di questo millennio”.
Davide ci parla della realtà brasiliana, perché è quella che conosce meglio, ricordandoci che si tratta della seconda economia illegale nel mondo, che è una montagna da scalare, un fenomeno di dimensioni enormi, dove il traffico di minori è una parte della tratta di esseri umani: “Il Brasile è un Paese diviso da grandi differenze economiche con gli stati del Sud ricchi e un Pil vicino a quello della Germania e quelli del Nord poveri più prossimi ad alcune nazioni africane. Questo crea una migrazione simile a quella italiana negli anni Sessanta, quando dal Sud si andava al Nord per cercare lavoro. Ecco questa disuguaglianza economica alimenta il mercato illegale anche nel calcio. Lo sport più amato e praticato dai brasiliani, dove tutti sognano di sfondare e di arricchirsi, circondati da disagio e povertà. È la tempesta perfetta e in queste cicatrici della società si fiondano i finti osservatori che chiedono soldi alle famiglie con la promessa di un provino. Alcuni resistono perché capiscono e non si fidano, ma la maggioranza non ha gli strumenti per comprendere e si affida. Così molti ragazzini vengono portati al Sud e raggruppati in posti simili a ostelli. Una volta privati della libertà i trafficanti chiedono ancora soldi alla famiglia per mantenerli, con documenti falsi e storie inventate di sana pianta. Qualcuno sfonda e arriva a giocare a calcio, ma la maggior parte affronta altre disavventure. La più banale è il ritorno a casa, travolti da vergogna e frustrazione, soprattutto della famiglia che si è indebitata, peggiorando la propria condizione economica e sociale, oltreché nei rapporti con i vicini che spesso li hanno aiutati. La più drammatica è quando la famiglia non può più pagare e allora i figli scompaiono, risucchiati dal mercato del lavoro forzato, dalla prostituzione infantile o dal traffico di organi. Una parte di questi viene addirittura spostata in Europa per il mercato del sesso minorile. Naturalmente l’organizzazione criminale è così radicata e organizzata che pensa a tutto, dai documenti fasulli a false lettere di club europei che avrebbero convocato il ragazzo per un provino. La rotta dall’America Latina arriva in Olanda, partendo da Cartagena, Colombia, piuttosto che dal Suriname e da San Paolo, ma soprattutto dal Suriname perché ci sono facilitazioni commerciali e documentali nei rapporti con l’ex madre patria. Il problema è enorme e le famiglie si lasciano convincere per ignoranza, persone che non si sono mai mosse dal proprio villaggio e che lasciano i figli andare all’altro capo del mondo. È un fenomeno difficile da contrastare perché la vittima, alla fine, ha un ruolo attivo in tutto questo”.
“Il peccato più grave della nostra società è di restar sordi, imprigionati nel sonno torbido dell’indifferenza.
Alex Zanotelli
Ma i poveri non ci lasceranno dormire tanto facilmente. Il loro soffocato grido continuerà inesorabilmente a graffiare i nostri cuori fino a farli sanguinare, pugnalando il nostro egoismo con semplici parole: se la tua vita la tieni per te, sei morto”
La Fifa nel 2009 ha modificato l’articolo 19 che stabilisce le regole per l’acquisto di minori, impedendo sulla carta di comprare giovani calciatori provenienti da altri continenti, a parte tre casi: se la frontiera dista meno di 50 chilometri, che la famiglia si trasferisca con il ragazzo, che il minore giochi in una società professionistica. Anche in questo caso, però, le regole vengono aggirate, spesso offrendo ai genitori lavori fittizi. Poi ci sono le triangolazioni, club che tesserano i ragazzi per farli poi arrivare in Europa aggirando i veti di Fifa e delle confederazioni calcistiche, uno dei più famosi è il Deportivo Maldonado, squadra uruguaiana. La stessa Aspire Academy di Doha, Qatar, è sotto i riflettori per il reclutamento di minorenni da ogni parte del globo. Zone grigie che alimentano la tratta e il mercato illegale di esseri umani, anche perché alcuni, come sottolineato, ce la fanno, ma la stragrande maggioranza resta impigliata nella rete delle organizzazioni criminali.
“In Brasile, dopo il Mondiale del 2014, è stata istituita una commissione parlamentare contro lo sfruttamento sessuale dei minori legato al calcio. Voluta dalla federazione brasiliana per contrastare il fenomeno degli abusi sessuali su giocatori minorenni, altro tema poco dibattuto. Hanno redatto dieci raccomandazioni per capire chi rispettava le regole e chi no e sono venuti a galla più di cento casi di abusi sessuali su minori in varie squadre di calcio del Brasile, perpetrati da massaggiatori, allenatori, dirigenti e osservatori. C’è stato, addirittura, il caso di un prete che aveva messo in piedi una scuola calcio per abusare dei ragazzini dai quattordici ai sedici anni”, afferma Davide.
Tra chi in Brasile si batte con forza contro questi fenomeni criminali, nella totale violazione dei diritti umani e dei minori, c’è la ONG Rede Um Grito pela Vida, in collaborazione con polizia federale brasiliana, ministero della Giustizia e Caritas. Il suo ruolo è soprattutto di sensibilizzazione e formazione, principalmente nelle scuole o grazie a eventi organizzati insieme con le forze dell’ordine, assistenti sociali, psicologi, e di accompagnamento legale e psicologico alle vittime. Questo perché dopo il contrasto c’è la parte più difficile e delicata, quella del recupero delle vittime di tratta, persone che hanno subito shock indimenticabili, difficili da curare, con anime così lacerate che rammendarle diventa un’operazione di sartoria umana.
Davide Tuniz, tra Italia e Brasile, ha passato gran parte della sua vita lavorativa a occuparsi di questo e di queste persone, minori e adolescenti vittime di tratta di esseri umani per un mercato che va dalla prostituzione al lavoro forzato, dal calcio all’espianto di organi per i figli dei ricchi del mondo: “Dovremmo tutti fare un giro nel deep Web per capire di cosa stiamo parlando. Li ci sono cataloghi dove si possono comprare minori con aste online, réclame e sconti da supermercato. Allora mi pare evidente che l’Occidente abbia responsabilità e problemi in tutto questo. Mi mette i brividi pensare che siamo riusciti a trasformare nostri simili in oggetti da vendere e da comprare per le azioni più abiette che si possa immaginare e infastidisce molto che in mezzo a tutto questo ci sia anche il mondo del calcio; il quale non può tirarsi fuori. Un bambino, una bambina, una ragazza, un ragazzo, non sono come una macchina o un frigorifero, non sono un bene commerciale. Il capitalismo, anzi il neoliberismo, nella sua accezione peggiore ha trasformato i poveri del mondo in merce, la loro vita qualcosa di cui possiamo disporre per pochi spiccioli. Tutto questo è inaccettabile”.