Una giovane russa nella Cittadella della pace: “ci avevano insegnato che russi e ucraini erano fratelli”
Arina voleva fare la giornalista, oggi si occupa di marketing e comunicazione. In Italia è arrivata grazie alla Cittadella della Pace e nel 2020 è diventata una Rondine d’Oro, con l’imperativo di portare nel mondo un messaggio di speranza e un dialogo continuo con il nemico, quello che spesso sono altri a designare per noi. “Non ci aspettavamo l’invasione dell’Ucraina. La guerra? Quella c’è da otto anni. In Russia più che giornalismo c’è propaganda quindi è difficile discernere ma una cosa mi è chiara: in queste condizioni è facile gridare al pericolo esterno, al nemico, all’aggressione, per essere ancora più aggressivi internamente”.
Arina non si nasconde, come quando ha preso la parola nella cattedrale di Arezzo, durante la veglia organizzata da Rondine Cittadella della Pace, monastero di Camaldoli e Diocesi di Arezzo, Cortona e Sansepolcro, però deve prendere le giuste precauzioni per sé e i familiari rimasti in Russia: “il mio Paese è bellissimo. I russi sono persone operose e in questi anni è come se fossimo andati a due velocità: da una parte chi si impegna per portarlo nel futuro attraverso il proprio lavoro, dall’altra chi frena limitando i diritti civili e un’informazione libera e trasparente. Anch’io avrei voluto fare la giornalista, ma in Russia è complicato, così ho preferito restare in Italia occupandomi di marketing e comunicazione”.
All’incredulità per l’attacco all’Ucraina sono seguiti la vergogna e il senso di colpa: “quello che sta succedendo, per me non ha una spiegazione. Durante la mia infanzia ho ascoltato le gesta dei nostri soldati durante la seconda guerra mondiale. Soldati di un Paese unito, russi e ucraini, che spalla a spalla hanno combattuto insieme contro il male. ‘Desideriamo solo che la guerra non si ripeta mai più’, dicevano quelli che erano sopravvissuti, dicevano quelli che a scuola ci hanno insegnato la storia, dicevano tutti i nostri parenti.
“C’è un popolo russo che vuole fare sapere al mondo che quello che sta accadendo non lo vuole, non l’ha mai voluto. È un fronte interno che dà speranza non solo per la pace in Ucraina.”
Adesso il mio Paese si sta scontrando con suo fratello. Abbiamo dimenticato tutto ciò che avevamo imparato. Abbiamo lasciato che la situazione si spingesse fino a questo punto e non abbiamo fermato in tempo quelli che, in nome dei russi, adesso stanno provocando dolore e distruzione”.
Nonostante il pericolo di essere arrestati, sono moltissimi i connazionali che protestano contro Putin e tantissime le voci che si stanno alzando, quelle di professori, medici, artisti, attori: “c’è un popolo russo che vuole fare sapere al mondo che quello che sta accadendo non lo vuole, non l’ha mai voluto. È un fronte interno che dà speranza non solo per la pace in Ucraina. Come cittadina russa non voglio rimanere in silenzio. Basta andare alle manifestazioni o intervenire come ho fatto nella cattedrale di Arezzo? Certo che no, ma è quello che io posso fare oggi. Questo è il piccolo, supporto che posso dare ai cittadini ucraini, i quali stanno vivendo momenti così dolorosi e pesanti che nemmeno possiamo immaginare quanto sia difficile affrontarli. Ma nei nostri pensieri siamo con loro. Nei nostri cuori c’è la pace”. Gli occhi di Arina bruciano, il suo sguardo è severo. Non è facile da capire per chi come noi vive in un Paese democratico dove si può esprimere la propria opinione, anche la peggiore, senza conseguenze, mentre in Russia chi dissente assaggia il freddo delle carceri.
Grazie a Rondine Arina ha partecipato a un progetto attraverso il quale ha potuto incontrare ragazzi ucraini: “ero molto curiosa, volevo conoscerli e abbiamo iniziato a comunicare: loro in ucraino io in russo, è stato bello potersi confrontare. Non so se tornerò in Russia, dipenderà dalla situazione e dal livello di libertà individuale”. Sotto il vento gelido la primavera e la pace si fanno attendere, mentre le rondini sono già qui.