Fanpage, quando il giornalismo è informazione e non tifoseria

Intervista al direttore Francesco Cancellato

Raccontare la società cercando sempre di far emergere la verità, anche quella che qualcuno non vorrebbe far conoscere, questo è il cuore dell’impegno che Francesco Cancellato ha portato a Fanpage, giornale on line che sotto la sua direzione ha superato i 23 milioni di lettori mensili (dati di luglio 2024), terzo portale d’informazione nazionale dietro a grandi gruppi come quello Caltagirone (che possiede vari quotidiani come il Mattino ed il Messaggero) e al gruppo Citynews con decine di testate distribuite nel territorio. Sin dalle sue origini, nel 2011, Fanpage si pone come una sorta di magazine multimediale dove il pensiero non è manifestato in maniera univoca ma descrive i fatti riportando più punti di vista, specchio di un’informazione plurale. Con il suo impegno sta ridefinendo il giornalismo d’inchiesta italiano, fortemente indipendente e motivato, guida un gruppo di giovani (anche giovanissimi) giornalisti. A Foiano della Chiana è stato insignito del Premio Giornalistico Nazionale Sbardellati/ Nocciolini. “Abbiamo la fortuna di avere un editore indipendente e puro che ci supporta in questa attività, che finanzia e tutela l’attività giornalistica e che ci consente di essere molto ambiziosi nella nostra attività d’inchiesta”.

Nel 2024 l’Italia è ulteriormente scesa fino alla posizione numero 46 nella classifica mondiale per la libertà di stampa. “Quando vedo quelle classifiche penso soprattutto al fatto che l’Italia è sotto scacco di quattro organizzazioni criminali tra le più potenti nel mondo (mafia, camorra, ndrangheta e sacra corona unita). Buona parte delle difficoltà che trovano i giornalisti nel loro lavoro sta proprio nell’occuparsi
della criminalità. Questo dobbiamo sempre ricordarcelo. In caso contrario sembra sempre che sia colpa della politica, che ha le sue responsabilità certo ma non è il cuore del problema. Penso ai colleghi giornalisti che lavorano nei territori e che hanno a che fare quotidianamente con la criminalità. La salvaguardia della democrazia è qualcosa che ci riguarda tutti non solo come giornalisti ma come cittadini e comunità. Come giornalisti dobbiamo fare tutti il nostro lavoro con coraggio e dedizione, dobbiamo prendere un pò di quel coraggio che hanno i giornalisti che parlano di mafia e traslarlo nel nostro lavoro quotidiano quando abbiamo a che fare con poteri sicuramente più grandi ma meno pericolosi, come quelli politici ed economici”.

In Italia è tradizione che l’informazione e la stampa si schierino e si formino sempre delle tifoserie…poi c’è Fan Page che fa della continenza giornalistica il proprio faro. “Noi cerchiamo di fare bene il nostro lavoro, non so se possiamo definirci esempio di continenza giornalistica rispetto ad un giornalismo schierato e tifoso. Quello che cerchiamo di fare è stare sui temi e di non avere posizioni preconcette in ragione di questa o di quella parte politica, cercare di avere una linea editoriale coerente che nel nostro caso professa un’idea di mondo più aperto e più inclusivo con una maggiore attenzione agli ultimi, ai deboli, ai poveri e al mutualismo come pratica. Crediamo fortemente all’universalità dei diritti. Non c’è una forza politica detentrice di questi valori e neppure una che li avversa in maniera totale. Noi abbiamo l’ambizione di raccontare la quotidianità con le lenti dei nostri valori e in questo percorso incrociamo spesso anche la politica.
Sinceramente giudico il nostro lavoro in maniera molto critica con tutti i suoi limiti, non mi permetto di giudicare il lavoro altrui. Il giornalismo d’inchiesta è la cifra di Fanpage…ma esiste un con fine? Il limite dell’inchiesta è l’interesse pubblico e la sua rilevanza. Dal momento che noi intercettiamo una notizia che a nostro avviso è d’interesse pubblico, ovviamente rimanendo nei limiti della deontologia, e che illumina un pezzo di realtà che altrimenti non sarebbe conosciuto, è nostro dovere raccontarlo. Non vedo tanti altri limiti.”
Sembra evidente che il mondo si stia spostando a destra, tra guerre, violenza ed ingiustizie, ma contemporaneamente queste destre sembrano non avere una classe dirigente all’altezza, nonostante vincano le elezioni, che ne pensi? “Che il mondo si stia spostando a destra è un fatto. Stiamo vivendo un impoverimento generale, soprattutto si percepisce la necessità di cambiare alcune cose, e questo fa nascere nelle persone la paura del cambiamento stesso, che è necessario ed inevitabile.
Penso al cambiamento climatico che fa venire nelle persone un senso di nostalgia, e voglia di un ritorno al passato.
Un pò come quando siamo malati e immaginiamo semplicemente di guarire negando la malattia. Il problema è che se neghi lo stato delle cose e rifiuti l’evidenza, per quanto tu ti possa autoconvincere la realtà è brutale e ti riporta sempre a terra.

“La salvaguardia della democrazia è qualcosa che ci riguarda tutti non solo come giornalisti”

Per cui, ad esempio, possiamo dire tutto quello che vogliamo sul fatto di voler fermare i flussi migratori, ma se i flussi migratoti ci sono e sono con tutta evidenza un fenomeno di questa era storica, in cui assistiamo a grandi migrazioni di popoli, questa roba la devi gestire non puoi sfuggire. Allo stesso modo puoi anche far finta che il cambiamento climatico non esista, ma siccome, invece, è ben presente nelle nostre vite prima o poi lo dovrai gestire, non possiamo andare avanti all’infinto nel fare quello che stiamo facendo.
Quindi più di inadeguatezza della classe dirigente, a mio giudizio, parlerei di premesse sbagliate, come se volessimo rispondere ad un bisogno atavico delle persone, che semplicemente vogliono riportare indietro le lancette del tempo per costruire un futuro irrealizzabile al di fuori della realtà. Questo è il terreno su cui cresce il bisogno di figure autoritarie che decidano per noi.
Per questo diventa ancora più importante raccontare la realtà senza compromessi e basandosi sui fatti. Credo veramente che per questo tipo di giornalismo ci sia ancora spazio”.
Come cambia il ruolo del giornalista quando la politica non pensa più ai contenuti ma solo alla presenza sui media per la conquista del consenso elettorale? “Continuando a pensare al contenuto e fregandosi del bisogno di apparire della politica, anche perché la politica pensa a pratiche di pura raccolta di consenso. Il nostro ruolo è quello di parlare dei temi reali, delle storie vere e dare contenuto ai fatti. Se un professionista si muove in questo terreno, secondo me, non c’è bisogno neppure che il politico di turno ti venga dietro. La nostra forza deve essere quella di prendersi cura della realtà con un’informazione autentica e libera, capace di interpretare lo spirito del proprio tempo.”