La pluriclasse della Vallesanta: l’isola che c’è

Nessun bambino “sperduto” nel Parco delle Foreste casentinesi. Una scuola che dispone di nido, materna ed elementare e che attrae alunni dal fondovalle. Il racconto della maestre e delle mamme. Il ruolo del Comune di Chiusi della Verna.

Vallesanta, Casentino, Provincia di Arezzo. Chi ha fede, lega questa valle a San Francesco e alle stimmate ricevute alla Verna nel 1224. Chi ha fantasia, la immagina come luogo scelto dalle fate buone per il loro convegno di inizio primavera. Chi non ha né l’una né l’altra, punta – più prosaicamente – sul tortello alla lastra. Qualsiasi sia l’approccio, la Vallesanta è uno dei luoghi simbolo del Parco nazionale delle foreste casentinesi. Sono lontani gli anni del Novecento nei quali l’esercito la utilizzava – grazie al suo isolamento – per le esercitazioni di artiglieria.
Messi da parte i cannoni, qui regna il silenzio, il rumore del vento, il canto degli uccelli. Corezzo è la frazione di Chiusi della Verna che ha un polo educativo comprendente nido, scuola dell’infanzia e scuola primaria. Qui i bambini, in particolare quelli della scuola dell’infanzia e della primaria, svolgono attività insieme; un lavoro che richiede alle maestre una progettazione didattica unitaria, ma al tempo stesso articolata per varie età. E per rimanere al tema delle simbologie locali, questa realtà è un esempio di come possa funzionare – bene – una pluriclasse. Nella stessa aula ci sono gli alunni dell’intero ciclo della scuola primaria: Corezzo ne ha 2 che complessivamente ospitano una ventina di bambini. Le pluriclassi sono una scelta obbligata nelle zone meno popolate. Istintivamente non amate dalle famiglie, lo diventano appena i genitori comprendono il loro funzionamento. Daiana Dalla Porta è la presidente della cooperativa di comunità Vallesanta nonché mamma con 3 figlie: 2, Bianca e Cloe ci sono già state e adesso sono alle media, una, Emily, la frequenta ancora: “all’inizio ero spaventata e mi domandavo se le bambine sarebbero state seguite bene. Poi ho visto il rapporto che si creava con le maestre, la continuità tra la scuola dell’infanzia e quella elementare, l’attenzione e la professionalità di queste insegnanti. Se un alunno ha problemi, le maestre intervengono prima ancora che ci siano tutti i riconoscimenti burocratici del caso”.

Le insegnanti: Silvia Franci, 46 anni, da 24 nella scuola; Samantha Alunno, 43 anni e 11 d’insegnamento; Ambra Boschi, 39 anni di cui 16 nella scuola e Silvia Ciabatti, 27 anni d’età e 4 di professione. Silvia Franci ha legato la sua vita alla pluriclasse: qui ha fatte le elementari e qui ha insegnato. Se le chiedi dove vuole far la maestra, non ha dubbi: nella pluriclasse di Corezzo.
Parliamo dei bambini. “Vengono da tutta la Vallesanta e qualcuno anche da Castel Focognano e Bibbiena. In questi casi le famiglie fanno proprio una scelta: gli occorre almeno mezz’ora di macchina per arrivare da noi. Abbiamo anche bambini stranieri ma non sono delle nazionalità abituali nelle altre scuole. Sono soprattutto famiglie tedesche e austriache che hanno deciso di vivere qui, preferendo l’ambiente e la natura del Casentino. Alcuni genitori continuano a lavorare nel paese di origine e dividono il loro tempo tra l’Austria o la Germania e il Casentino”. I bambini, dopo un tragitto spesso lungo con lo scuolabus, arrivano in classe alle 8.30. E’ per loro una sorta di seconda casa: entrano, parlano, fanno o finiscono la colazione. Non portano pesi: il materiale didattico rimane a scuola. Alle 10.30 fanno un intervallo e alle 12.30 hanno il pranzo che dura una quarantina di minuti. I bambini danno una mano ad apparecchiare ma anche a tenere in ordine le aule e a coltivare l’orto. Quindi riprendono le attività, che sono ovviamente più leggere della mattina, fino alle 16. Poi si torna a casa; senza compiti da fare se non per quelli che stanno per passare alle medie. Tra le attività ci sono anche quelle legate al territorio. Ad esempio realizzano i “cinceri” che sono pupazzi fatti con i cenci oppure preparano canzoni per il “Cantamaggio” e fanno il giro delle frazioni della Vallesanta “esibendosi” nelle piazze. “Anche in questo modo – ricordano le maestre – si crea un senso di comunità e di appartenenza al luogo nel quale si vive”.

“Bambini sereni che non conoscono la corsa al voto, la competizione cattiva tra loro, la frenesia di esaurire il programma.”

Le aule sono diverse da quelle destinate alle monoclassi. Non esiste la cattedra e i banchi sono distribuiti a isole. Rimane la lavagna elettronica insieme a quelle tradizionali con gesso e cimosa. “Non è semplice insegnare in una pluriclasse – ricorda Silvia Franci. Occorre organizzare le attività e preparare i materiali. Su questi, i bambini lavorano in autonomia. L’assenza della cattedra non è una scelta tecnica ma educativa: noi non facciamo – se non in rare eccezioni – le classiche lezioni frontali. La scuola diventa per gli alunni una sorta di naturale prosecuzione della loro casa. Seguono le attività, quelle adatte al loro livello di apprendimento ma “ascoltano” anche quello che seguono i loro compagni”. La gestione delle attività è molto fluida. Se è una bella giornata si può lavorare fuori, nel verde. Se c’è la neve si può anche fare a pallate, come si farebbe a casa. Con ottimi risultati. “Una volta mia figlia, che era iscritta per il primo anno – ricorda Daina Dalla Porta – tornò a casa e mi disse che avevano parlato degli Egizi. Rimasi stupita e compresi quanti maggiori stimoli potessero avere i bambini più piccoli a stare nella stessa classe di quelli più grandi”.
Le insegnanti sottolineano l’importanza della collaborazione naturale tra gli alunni di età diverse: “tecnicamente viene chiamata per tutoring. Noi non la stimoliamo ma è una scelta naturale: molti hanno fratelli o sorelle più piccoli, La collaborazione e l’aiuto reciproco sono atteggiamenti naturali”. La sintesi del lavoro è rappresenta da bambini sereni che non conoscono la corsa al voto, la competizione cattiva tra loro, la frenesia di esaurire il programma. La logica educativa è quella dell’autonomia, della capacità di gestire le situazioni con una logica di aiuto e solidarietà tra bambini.

La sintesi è anche la motivazione e la professionalità degli insegnanti.
Silvia Franci non ha dubbi sul suo futuro: “pluriclasse”.
Samantha Alunno: “ogni docente dovrebbe fare questa esperienza. Sia le monoclassi che le pluriclassi hanno problemi e opportunità”.
Silvia Ciabatti: “questa esperienza aiuta a scoprire un lato diverso dell’insegnamento. Il primo impatto non è facile ma poi è professionalmente molto interessante”.
Ambra Boschi: “una formazione completa passa anche da esperienze come questa. Nella monoclassi c’è probabilmente una mentalità più tradizionale”.

Chiusi della Verna: quando un comune investe nella scuola

Sirio Farini, assessore all’istruzione e ai servizi per l’infanzia nelle ultime due amministrazioni comunali di Chiusi della Verna, conosce bene la scuola. “Abbiamo lottato perché questa valle conservasse la sua scuola. Poi ci abbiamo investito per migliorare ulteriormente la qualità della struttura e la sua didattica con corsi di musica e inglese. Abbiamo messo a disposizione della comunità – in un unico edificio nido, materna ed elementare. Questa vicinanza ha permesso di integrare bambini, insegnanti e genitori. E’ stata garantita, in modo naturale e con il semplice cambio di piano, la continuità didattica, Inoltre la struttura dispone di un’area verde attrezzata”.
Il risultato? “Un’esperienza bellissima. Abbiamo visto crescere la scuola, sia dal punto di vista delle iscrizioni che dei servizi erogati. Questa struttura non solo ha evitato trasferimenti di famiglie in altre realtà ma ne ha attratte. Fondamentale è stato il lavoro delle insegnanti e della Direzione didattica ma anche il Comune ha fatto la sua parte”.

Farini ricorda la scelta sulla mensa: “abbiamo messo al primo posto il benessere dei bambini. Questo ha voluto dire, ad esempio, non fare la scelta del massimo ribasso nell’affidamento del servizio. La media italiana del costo pasto nelle mense scolastiche è di 5,20 euro. Noi paghiamo 8,59 euro. E lo facciamo per avere almeno il 60% del menù con prodotti biologici e di questa terra. La cooperativa di comunità che è stata creata si occupa del trasporto dei bambini ma anchedei loro pasti che vengono preparati a pochi metri dal locale della mensa. E per confermare come questa comunità sia unita, una delle cuoche è la mamma di un alunno. Inutile dire, quindi, che cucina come a casa”.