Ci sono persone speciali, che fanno del bene da una vita, ma che non hanno mai voluto esporsi né ottenere particolari riconoscimenti. Perché in certi sporadici casi, il riconoscimento più grande è l’appagamento personale. E questo è sicuramente il caso di Bruna Pratesi, classe 1924.
“Il 2 aprile compirò 100 anni, e la prossima settimana parto per la settimana bianca. Sto bene, sono in salute, e sono convinta che questo sia dovuto alle mie azioni caritatevoli, che non ho fatto per dovere, ma per istinto, perché mi sento nata per fare questo”.
Bruna è un’esplosione di simpatia, una donna che nonostante l’età avanzata, ha una grande voglia di vivere e di fare del bene che farebbe invidia a chiunque.
“Ho iniziato presto, fin da giovane a lavorare con la Misericordia di Arezzo. Ho collaborato per 26 anni insieme ad un’altra volontaria, Giovanna, al guardaroba. Non abbiamo mai preso niente, neanche un soldo, il volontariato è così, e noi eravamo ben felici che così fosse”.
Al guardaroba Bruna si occupava delle divise, perché prima i volontari si cambiavano al guardaroba, non si portavano le divise a casa, come succede oggi.
“Ogni mattina noi eravamo lì ad aspettare i volontari, ci occupavamo del lavaggio, stiraggio, rimessa in sesto delle divise, e quello che non riuscivo a finire lì, me lo portavo a casa”.
Per la quasi centenaria Bruna, la Misericordia è una seconda dimora, e sentirla parlare con il suo modo diretto ma allo stesso tempo affabile, è veramente un’esperienza indimenticabile.
“Ho iniziato alla Misericordia nel periodo in cui facevo la vigilante al carcere. Quando finiva il mio turno, mi sentivo come “vuota” e allora mi sembrava di fare un’opera buona aiutando in qualche modo chi aveva bisogno. Io ho cinque figli, uno ne ho adottato, era un bambino che non aveva veramente nessuno, ma per lui io sono sempre stata “mamma Bruna” e questo mi riempiva il cuore”.
Aiutare il prossimo: questa è la vita di Bruna, la sua vocazione, e proprio per questo lei sostiene di vivere bene, in virtù del suo dare una mano, grande o piccola che sia. E parlando con lei, ne sono venute fuori di grandi aiuti che lei ha dato, ma ne parla sempre in modo spontaneo, come se contassero sì, ma fino ad un certo punto.
“Facendo un’opera buona mi sento libera di me stessa, sto bene io nel fare del bene agli altri. Nella Misericordia ho trovato l’ambiente adatto. Ho aiutato tante persone al volontariato, ho raddrizzato tanti ragazzi. Due addirittura li ho aiutati ad uscire dal mondo della droga e pur di non lasciarli a sé stessi, rischiando che la sera si incontrassero con gli amici di quei giri brutti, li facevo dormire a casa mia, sul divano. Ecco come ero e sono io”.
Poche parole ma dritte al punto, senza tanti discorsi ampi.
“C’era un ragazzo che ho veramente salvato dalle botte. Abitava ad Agazzi e mi chiama “mamma Bruna”. Io allora facevo la cuoca e avevo bisogno di qualcuno che lavasse le pentole. Faccio una specie di provino a dei ragazzi e ce n’era uno tutto livido che mi colpì fin da subito. Senza esitazione decisi di prendere lui”.
Quando la donna chiede al ragazzo il perché di tutti quei lividi in faccia, lui le racconta che veniva picchiato tutti i giorni perché andava a rubare la verdura e la frutta in un campo per tutti. Se non riusciva a prendere i prodotti per tutti, veniva picchiato.
“Rimasi profondamente turbata da quella storia, e così tutte le mattine da Arezzo andavo ad Agazzi a prenderlo per portarlo al ristorante. Quando gli proposi di prendere una stanza in città con i suoi guadagni, mi raccontò che in realtà il padrone del ristorante non lo pagava. Al che non ci ho visto più. Ho iniziato a prendere, e pretendere, io dal padrone i soldi di Carlo (nome di fantasia) e gli ho preso una stanza in Via Madonna del Prato: ecco “mamma Bruna”. Anche lui mi chiamava così e a me andava benissimo”.
Una bella storia quella di “mamma Bruna”, una storia di quelle come se ne vorrebbero raccontare tutti i giorni. Gli auguri in anticipo non si fanno mai, ma l’augurio a Bruna di vivere sempre con la sua lucidità, caparbietà, e spirito, questo sì che posso farlo.
Lunga vita a Bruna e alla sua voglia di vivere e di fare del bene.