“Al gioco vince solo la sconfitta”
Riesce ancora a commuoversi Enzo Ghinazzi, ogni volta che ricorda quei momenti terribili. Come un demone, l’azzardo, si era impossessato della quotidianità prima di suo padre e poi di lui. Fiorello, il postino amato da tutto il paese, uomo debole e dalla infinita dolcezza e il figlio che rincorreva sogni, melodie e successo. Ambedue immersi nel medesimo pantano, quello della dipendenza, della ludopatia. Scommettevano e giocavano su ogni cosa. Persino sul numero pari o dispari delle targhe che sopraggiungevano dalla curva di Ponticino. Irene, donna appassionata, sensibile e disperata tentava in ogni modo di scuoterli e allontanarli, con rari successi, dal precipizio della sconfitta. “Si perché al gioco vince solo la sconfitta”. Poi la costanza, l’arte e forse anche un po’ di fortuna regalano a Enzo, ormai Pupo, successo, fama e soldi. Ma tutto viene fagocitato, inghiottito dall’attrazione del tavolo verde e dello chemin de fer. Ricorda ancora Enzo che una notte, uscito dal casinò di Venezia pieno di debiti ammassati nel tempo ed essendosi bruciato, ancora una volta, in poche ore migliaia di euro; senza un futuro si fermò su un viadotto dell’autostrada del sole proprio vicino a casa, parcheggiò la sua Jaguar con le quattro frecce, scese, s’affaccio sullo strapiombo decidendo di farla finita gettandosi nel vuoto. Fu lo spostamento d’aria provocato da un tir che passò in quel momento, a richiamarlo alla realtà e fu la sua salvezza, destandolo dal torpore, dalla disperazione e dall’oblio in cui era caduto. Quante volte ha raccontato questo momento terribile della sua vita. Ma non fu il solo. Altre volte si è trovato in condizioni di drammatica precarietà e di scarsissime occasioni di ripresa. Non c’era luogo delle sue infinite tournee nel mondo che non incontrasse un Casinò o un giocatore d’azzardo. Enzo sa bene che questa è la sua grande battaglia.
Oggi tutto questo è ormai lontano. Il successo, i concerti in tutti i continenti, i libri, le trasmissioni televisive, la sua grande e bella famiglia. Tutto adesso ruota nel migliore dei modi attorno a lui. Ma il demone è sempre in agguato. “Io sono un malato di gioco d’azzardo, che non gioca più da anni e che soffre. L’unica cosa che posso garantire a chi gioca è che conosco bene il suo destino, la disfatta economica e morale”. Un caso emblematico e famoso , ma purtroppo anche comune a tantissimi uomini e anche donne. Se vivi in un paese dove povertà e disuguaglianze aumentano; dove sempre più persone vedono allontanarsi la speranza di un futuro migliore; dove il lavoro che ti offrono è in nero, precario e spesso mal pagato, non dignitoso e anche pericoloso, che fai? Se non fuggi, puoi pensare che il futuro te lo giochi, nel vero senso della parola. Sono anni in cui fioriscono slot, videopoker giochi e scommesse mangiasoldi gratta e vinci (ops, meglio dire gratta e perdi!) Siamo i primi in Europa. Con oltre 50 miliardi giocati, sono più di un milione le persone in Italia che rischiano di perdere tutto quello che hanno. Un giro di 140 miliardi di euro, più o meno il 7 per cento del nostro PIL.
Se poi ci mettiamo quello che costano i danni sociali e l’assistenza sanitaria i centri per il recupero delle dipendenze la cifra diviene fantasmagorica. Anche la Toscana , pur non essendo tra le prime regioni vittima del gioco (ahinoi ma perché chiamarlo ancora gioco? facciamo come gli inglesi che non lo chiamano play, ma gamble, cioè azzardo) ha comunque numeri che allarmano.
Gli ultimi dati dell’osservatorio sul gioco d’azzardo previsto per legge regionale, diceva che sarebbero circa 35.000 i residenti toscani affetti da ludopatie, e oltre 2000 gli utenti in carico ai servizi per le dipendenze in cura per questa patologia. Un dato in aumento, anche per questo ci auguriamo che l’osservatorio, oramai decaduto, sia al più presto rinominato. Anche il Parlamento deve legiferare urgentemente ed in modo più stringente, la filiera è degenerata in un sistema che fa fruttare la criminalità e il riciclaggio di danaro sporco. Ormai l’economia prodotta e mossa dal sistema del gioco clandestino e d’azzardo è pari all’economia e ai bilanci di grandi aziende nazionali.
Servono fondi per permettere l’inserimento del gioco patologico nei livelli essenziali di assistenza; occorrono controlli più rigorosi, autorizzazioni più rigide, una tassazione più alta; una maggiore attenzione alla salute dei cittadini e dei giovani, anche tramite interventi
come la tessera sanitaria per la verifica dell’età e un limite alla somma giocabile. Dobbiamo sostenere gli esercizi che rinunciano ai videopoker che, in tempi di crisi fanno guadagnare qualcosa in più. Proprio per questo le macchinette spiccano anche nei circoli sociali, addirittura nelle case del popolo, negli spazi di aggregazione popolari rischiando di diventare anche questi luoghi di miseria e solitudine.
Ecco le ragioni della necessità di una legge tempestiva. Dobbiamo farci promotori come società civile, con le associazioni di volontariato di una grande battaglia culturale che coinvolga anche le scuole. E sogno anche che nelle vetrine e non solo quelle dei circoli ci sia un adesivo, che inviti a entrare in uno spazio deslottizzato, magari con una piccola biblioteca al posto delle infernali macchinette. “Su di noi , nemmeno una nuvola…”.
“Se non fuggi, puoi pensare che il futuro te lo giochi, nel vero senso della parola”
Tra Ponticino e Sanremo, tra il circolo e il casinò
1 – Racconti sempre che è come ci fosse stato un demone in casa Ghinazzi, ma come è cominciato? C’è stata una prima vincita importante per soldi o per l’originalità che ha scatenato emozione e vizio?
R: Il vizio era congenito nella mia famiglia. Il babbo e la mamma a Ponticino gestivano il circolo Enal, all’epoca quel circolo era una bisca ed io, da bambino dormivo nei tavoli, respiravo il gioco. Ma la vincita che mi ha scatenato la dipendenza compulsiva fu nel 1980 al festival di Sanremo, che dopo aver cantato fui accompagnato da amici al Casinò e vinsi più di 30 milioni di lire allo chemin de fer. Fu il delirio per me.
2 – Cosa deve accadere perché una persona decida di smettere di giocare?
R: Non deve accadere nulla e forse non si smette mai di giocare A me è accaduto con l’età e l’evolversi della vita, gli affetti, forse la maturità, mi hanno fatto capire che non poteva e non doveva durare… E poi io gioco ancora, non a carte, non allo chemin, ma gioco ancora nella vita, come in questo periodo di guerra andare ancora a cantare in Russia. Molti mi criticano, sono contrari, è un’azzardo. Eh si, il giocatore vero non smette mai di azzardare.
3 – Quanto incidono “gratta e vinci” appesi nei bar, locali pubblici con stanze zeppe di slot machine, nel favorire le ludopatie?
R: Incidono tantissimo, è una tentazione pericolosissima. Le persone che si illudono e credono di poter risolvere con un colpo di fortuna ai problemi della loro sono facili vittime di queste macchine infernali che hanno solamente il compito di fotterti.
4 – Come ti aiuti adesso a non ricadere se ti trovi “vicino” ad una opportunità di gioco? Che consiglio dai?
R: Spesso vado a cantare nei Casinò, in luoghi ove ci sono forti opportunità di gioco, ma adesso ho più eccitazione nell’avere la forza di resistere che nella debolezza del cedere. Non ho consigli, ma posso solo affermare che non c’è soluzione al gioco se non attraversare un periodo difficilissimo di sofferenza ed auguro a tutti la fortuna che ho avuto io. Assicuro che dopo la capacità di aver saputo resistere si trasformerà in gioia, soddisfazione …ed anche orgoglio.