Cile: siamo morti a vent’anni? Ma anche no

Storia di un artista con grandi cadute ma anche straordinarie risalite

Resilienza è quella particolare capacità di superare le avversità della vita, il processo di adattamento alle avversità, ai traumi, alle cadute repentine, ai cambiamenti drastici. Le persone generalmente riescono ad adattarsi con il tempo alle situazioni che cambiano drasticamente la loro vita e quello che permette di adattarsi è una risorsa chiamata resilienza. Non si tratta di qualcosa che la gente ha o non ha, ma è una caratteristica che include comportamenti, pensieri e azioni che chiunque può imparare e sviluppare.
La storia di Lorenzo Cilembrini da Arezzo, in arte Cile, percorre questa strada ma ha forse qualcosa in più, e nasconde la magia della musica, il cosiddetto sacro fuoco che anima gli artisti. Quel desiderio irrefrenabile di comunicare di esprimere sentimenti, idee e passioni che spingono gli artisti a grandi cadute ma anche straordinarie risalite. Nella storia non si contano i musicisti che si sono persi, ritrovati e nuovamente persi, con carriere sfavillanti ed inciampi sorprendenti. Lorenzo Cilembrini fa parte di questo mondo e la sua storia, anche se in gran parte da scrivere, fa parte proprio di questo universo dello star system che santifica e disarciona con spietata efficacia.
La sua carriera musicale parte nel 2012 con il singolo “Cemento Armato”. Collaborazioni importanti, su tutti i Negrita, ed un successo planetario nel 2015 in duetto con J-AX con la celeberrima “Maria Salvador”, poi ancora musica…ma qualcosa si inceppa.

Chi è Lorenzo Cilembrini, e come arriva a diventare il Cile?
“Mi considero un cantautore che ha messo in parole e musica la sua vita dal primo giorno in cui ha imbracciato la chitarra. Ho iniziato giovanissimo con una band per poi arrivare ad una carriera solista partita nel 2012 che mi ha permesso di pubblicare dischi e lavorare in progetti importanti anche nel ruolo di autore”.

Oggi abiti tra Milano e la Versilia ma Arezzo rimane nel tuo cuore. Che rapporto hai con la tua città?
“Il mio cuore è e sarà sempre amaranto. Puoi allontanarti da Arezzo ma Arezzo non si allontanerà mai da te. È un piccolo gioiello della Toscana che lascia sempre belle emozioni nel cuore”.

C’è stato un momento in cui hai toccato il successo e sei diventato una star….poi cos’è successo? Te la senti di raccontare la tua discesa nell’inferno della dipendenza?
“In realtà già prima di fare questo mestiere lottavo con demoni interiori e legati all’alcol.
Tornando alla Toscana non nego che c’è una connessione culturale e quasi spirituale tra il toscano e il vino, poi le mie problematiche psicologiche hanno fatto diventare l’evasione una dipendenza, il Covid ha interrotto il mio ritorno con il disco allora pronto e da lì sono caduto in una spirale autodistruttiva che ad un certo punto ho voluto affrontare da adulto, con un aiuto medico e psichiatrico. Ad oggi sono sobrio da più di sei mesi”.

Forse i germi di questa tua parte di vita erano già nel tuo album “Siamo morti a vent’anni”… dove cantavi siamo morti a vent’anni coi nostri progetti di vita alternativa, coi troppi Negroni barcollando in centro.
“Certamente, ricordo poi che il mio secondo disco si chiamava “In Cile veritas”, quindi chi mi segue conosce i miei chiari e i miei scuri”.

Cosa ricordi del periodo difficile?
“Solamente molta confusione e istinti autodistruttivi. Questo è stato però necessario per fare una scelta sana, ho toccato quel fondo da cui si può solo risalire”.

Ti sei fatto un’idea di cosa ti è mancato in quei momenti?
“La forza interiore e la grinta che solo da sobrio riesco a tirare fuori con fatica ma con grande sincerità”.

Gli amici, la musica, la famiglia, il sistema… chi ti ha aiutato a superare questo periodo?
“Tutti loro e l’amore che ho verso le parole e la musica, scrivere canzoni è sempre stata la mia autoanalisi più riuscita”.

Oggi hai fatto i conti con quella parte di te?
“Certamente, e sto vivendo una vita molto più avvincente e concreta. Sia nel lavoro che nel privato”.

Cosa ti senti di dire ai giovani che si trovano ad affrontare situazioni come quelle che hai vissuto tu?
“Chiedere sempre aiuto nel caso di bisogno e non vergognarsi delle proprie dipendenze”.

“Sto vivendo una vita molto più avvincente e concreta. Sia nel lavoro che nel privato”

Oggi sei tornato con un singolo “Ero troppo fatto” che sembra un manifesto del nuovo Cile.
“Sì, è un brano che funge in parte da esorcismo nei confronti di tutti i miei demoni, che crea uno strappo tra la mia vecchia e nuova vita”.

Questa tua canzone entra a pieno nel grande caso di queste settimane… si fa un gran discutere dei testi delle canzoni, più che della musica. Si contesta l’impegno di molti artisti, vedi la polemica sanremese su Ghali, Dargen etc, Tu come ti poni in questo panorama, non credi che un artista possa o debba impegnarsi per le idee in cui crede e, se vuole cantarle e comunicarle?
“Credo che la coerenza sia la prima cosa che occorre avere se ci rendiamo stendardo di lotte sicuramente spinose e sacre. Di sicuro ritengo intoccabile la libertà di pensiero di qualunque artista e questo dovrebbe essere qualcosa di inviolabile”.

Il futuro del nuovo Cile quale sarà?
“Un disco, un tour e tanta voglia di scrivere per me e per altri”.