L’attivismo come stile di vita e la propria vita come attivismo: Iacopo Melio, attraverso varie forme di azione e comunicazione, rivendica il diritto a una cittadinanza attiva e partecipe
Attivista civile, sociale e politico, comunicatore, giornalista, scrittore e docente. Definire Iacopo Melio è praticamente impossibile, tante le cose che ha fatto e sta facendo che a molti di noi non basterebbero due vite per metterle in fila. Anche per questo, il 7 dicembre 2017, il Parlamento Europeo lo ha nominato “Cittadino Europeo”, mentre il 29 dicembre 2018 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella gli ha conferito motu proprio l’onorificenza di “Cavaliere dell’Ordine al Merito”. Relatore e formatore in numerose conferenze e convegni, eventi pubblici e aziendali, incontri e lezioni nelle scuole e università, sia fisicamente che virtualmente, in tutta Italia, si occupa di ideazione, progettazione e consulenza di progetti sociopolitici e culturali. La felicità come tensione, i social come strumento e gli hater come consapevolezza.
C’è qualche segreto o regola quotidiana che aiuta a essere scandalosamente felici?
“Magari, ci fosse, magari! Quella è la mia aspirazione più grande, come per il buon Linus dei Peanuts. Diciamo che provare a vedere il bicchiere mezzo pieno in ogni cosa, ogni giorno, è sicuramente un buon ingrediente per avvicinarsi alla ricetta della felicità, per quanto creda impossibile completarla del tutto. Infatti, preferisco il punto di vista che aveva Tiziano Terzani al riguardo: in italiano abbiamo una parola straordinaria che non esiste in nessun’altra lingua ed è “contentezza”, ovvero il godere delle piccole cose accontentandosi, ma non con un’accezione negativa, sminuente. Ecco, credo che essere delle persone contente valga molto più che essere delle persone felici”.
L’attivismo come stile di vita o la propria vita come attivismo?
“Bella domanda. Credo che il vero attivismo (ovvero non quello ‘facile’ e privo di tecnica del quale ci si auto-investe con spiritico narcisistico) sia talmente autentico da fondersi completamente con l’identità di chi lo porta avanti. Per questo l’attivismo è uno stile di vita, soprattutto quando si crede fermamente negli ideali e nei valori che si intende divulgare, con la speranza di avere una qualche influenza positiva sulle altre persone; ma al tempo stesso è straordinario (ed estremamente efficace) quando si fa della propria vita una forma concreta di attivismo, diventando manifestazione di quello in cui si crede per incarnare pienamente un ingranaggio nel motore del cambiamento sociale. Io, per esempio, ‘faccio’ attivismo con le mie parole e certe mie azioni, ma è innegabile che il mio essere oggettivamente parte di una minoranza mi ‘renda’ un attivista nel momento in cui mi espongo per perseguire determinati obiettivi”.
Quali sono le regole da seguire per essere un influencer creduto e credibile?
“Nella mia tesi di laurea raccontai proprio come ognuna e ognuno di noi sia, a suo modo, in qualcosa, influencer. Come l’identità personale sia in grado di costruire l’identità collettiva. Per questo penso che per essere delle persone credibili, oltre a prepararsi da un punto di vista tecnico riguardo ciò che si intende promuovere (e anche riguardo a ‘come’ lo si intende fare), sia già molto essere delle persone autentiche e trasparenti, senza filtri, senza sovrastrutture. E soprattutto oneste. Questo può sembrare scontato e banale ma occorre ricordarlo vista l’enorme crescita di attivismo in rete che, sebbene sia un segnale positivo di maggiore sensibilità sociale e voglia di partecipazione, inevitabilmente aumenta il rischio di incorrere in un dannoso ‘washing’ sfruttando le cause stesse per anteporre l’ego alla difesa della cosa pubblica”.
Iacopo Melio è più un influencer o un creator digitale? E qual è la differenza tra queste due figure?
“Come dicevo, ognuna e ognuno di noi è un influencer in qualcosa e in qualche modo. Personalmente preferisco essere definito “attivista per
i diritti” (umani, sociali e civili, animali e ambientali), e lo faccio attraverso le mie due più grandi passioni: la comunicazione, e quindi creando contenuti come articoli, libri o altro di digitale, e la politica, attraverso il lavoro dentro e fuori le istituzioni. Ma sempre facendo della condivisione e dell’intersezionalità i miei pilastri fondamentali, perché credo che, per quanto si possa essere ‘influenti’, da sole e da soli non si vada da nessuna parte”.
Come si gestiscono gli hater?
“Anche in questo non c’è una ricetta perfetta e ogni persona che si espone ha la sua modalità di gestione in base anche al proprio carattere oltre che ai propri obiettivi (ad esempio, chi ‘vive’ della propria nicchia fa bene a escludere in partenza chi cerca lo scontro, mentre chi vuole arrivare a più persone possibili potrebbe far bene a lasciare anche il peggio sui propri canali per alimentare le discussioni). Nel 2019 scrissi un libro, “Buonisti” (People Pub), che parlava proprio dell’odio che ho ricevuto nei miei ultimi anni di attivismo, catalogando e analizzando i commenti e gli episodi più feroci (ma anche quelli più tragicomici) che mi sono capitati. Con gli anni ho imparato a mettere l’odio in prospettiva affidandomi alla matematica (che non ho mai amato a scuola), semplicemente costringendo me stesso a notare quanto per ogni commento negativo a un mio post ci siano centinaia, talvolta migliaia, reazioni positive, dando quindi la giusta proporzione a ogni singolo attacco. Oggi, in fin dei conti, sono davvero pochissime le cose che mi feriscono davvero: ignorare, anche bloccando il proprio interlocutore, è un diritto sacrosanto e chi lo reputa un gesto anti democratico lo fa perché non sa come giustificare la propria rabbia. Ma libertà di espressione non significa mai libertà all’odio e chi si nasconde dietro alla facoltà di esprimere opinioni con lo scopo di alimentare intolleranza non merita né tempo né energie. Purtroppo però è con l’esperienza che si arriva a una certa consapevolezza e un sacco di ragazzine e ragazzini, ogni giorno, cadono nella trappola del cyberbullismo con conseguenze anche tragiche. Serve un’educazione al digitale importante e soprattutto occorre un sistema davvero efficace, aggiornato, in tema di giustizia al riguardo”.
“Contentezza”, ovvero il godere delle piccole cose accontentandosi, ma non con un’accezione negativa,
sminuente
Sono più le reazioni avverse o quelle di solidarietà?
“Fortunatamente quelle di approvazione, di stima e di supporto. Ma ci tengo a mantenere qualche detrattore e rivendico il mio diritto di restare anche antipatico ad alcune persone, proprio in nome della parità: il giorno in cui piacerò davvero a chiunque mi chiederò dove ho sbagliato…”.
Qual è il commento che l’ha ferita di più e quello che le ha fatto più piacere?
“I commenti più belli sono quelli quotidiani, spontanei, di chi mi scrive in modo affettuoso come fossi un fratello, un figlio, un amico di sempre. La sincera stima di chi mi segue è la ricompensa più bella per ogni mio sforzo.
Quello peggiore, invece, risale a tre anni fa nel quale fu gratuitamente offesa mia sorella (allora quattordicenne): costò al commentatore una causa che ho vinto l’anno scorso”.
Cosa significa essere una persona con disabilità oggi in Italia?
“Più che con disabilità, è bene specificare che si è delle persone “disabilitate” dalla società in quanto non fornisce a chiunque gli strumenti e i supporti di cui si ha bisogno per potersi autodeterminare pienamente, potendosi scegliere il futuro che si desidera come vale per la maggior parte delle altre persone. Oggi la libertà di una persona con disabilità ha un prezzo assolutamente proibitivo, perciò oltre a non avere accesso a cose basilari (come a una scuola sempre adeguata, al mondo del lavoro o a una sanità gratuita ed efficace) si tratta proprio di vedere negato il diritto a una cittadinanza attiva e partecipe”.
Parità di genere, diritti LGBTQIA+, abbattimento delle barriere, siamo ancora così arretrati come sembra?
“Sicuramente negli ultimi anni sono stati fatti dei passi avanti importanti sul fronte della consapevolezza, e credo che il Web abbia giocato un ruolo importante nel costruire un ‘terreno’ di discussione e partecipazione molto democratico, dove chiunque può essere ovunque e parlare a un pubblico potenzialmente infinito con un solo click. Ma siamo ancora molto lontani dal ritenerci una società inclusiva, e quindi pienamente civile. Dobbiamo sempre far capire che garantire diritti a una persona (quando si tratta di questioni civili che non ledono) non toglie niente
a tutte le altre. Anzi, essendo tutte e tutti interconnessi in qualche modo, l’aumento del benessere di qualcuna o qualcuno fa, anche solo indirettamente, aumentare pure il nostro. Purtroppo rispetto ad altri Paesi, soprattutto del Nord Europa, c’è ancora tantissimo da fare in tal
senso…”.
Impegno civile, sociale, politico, comunicazione, cultura, libri, docenze: qual è il progetto cui tiene di più e quello che ancora non ha realizzato?
“Vivo giorno per giorno anche nel mio lavoro, un po’ perché non posso permettermi progetti a lunghissimo termine e un po’ perché non voglio: amo improvvisare lasciandomi prendere dall’entusiasmo dei progetti nati e colti al volo, uno dopo l’altro, senza troppi programmi. Sicuramente tutto ciò che mi permette di ascoltare e raccontare le storie delle altre persone rimane per me la base, perché la ritengo una crescita continua e uno strumento efficacissimo che ci permette di calarci in panni che quotidianamente non indossiamo, comprendendo meglio la realtà che ci circonda.
Per il resto, tutto ciò che mi permette di sperimentare e fare esperienze, anche (o soprattutto) in cose ‘lontane da me’, mi interessa molto: sono una persona estremamente curiosa e affamata, perciò spero con il tempo di poter spaziare sempre di più. Ad esempio, vorrei prima o poi portare la mia scrittura nel campo musicale o in teatro: so bene che questi due non sono i miei mondi, e perciò di non sentirmi adatto e capace, ma da un certo punto di vista è proprio questo a stimolarmi. Sia chiaro: dovremmo imparare a riconoscere sempre i nostri limiti in modo oggettivo e realistico, lo ritengo fondamentale, ma almeno dopo avere fatto un paio di tentativi. Non mollate subito, ciascun inciampo è soltanto una spinta per ripartire più forti”.