Finalmente dicembre ha deciso di aprirci le porte dell’imminente inverno. Purtroppo, nelle grandi città, con il primo freddo si prospetta, come ogni anno, la problematica delle persone senza fissa dimora, sempre più numerose.
A Firenze, negli ultimi anni, a causa delle temperature molto rigide, sono stati aumentati i posti letto a disposizione nelle strutture organizzate. Per i primi quindici giorni il servizio è gratuito per tutti, successivamente scatta il consueto contributo di 1 euro al giorno.
«Racimolo tanto di più a fine serata, a volte arrivo addirittura a dieci euro! Così posso pagare la notte a chi non ce la fa». Chi parla è Pierre, un omone alto dal viso buono che aveva tutto e poi, un giorno, ha deciso di diventare un clochard. «Dalle stelle alle stalle!», mi raccontò un giorno, sorridendo amaramente. «Ho commesso un tragico sbaglio e così ho perso tutto. Avevo una bella famiglia, una casa grande, un lavoro, persino due moto, poi, ho capito che non meritavo nulla di quello che avevo guadagnato. Ho lasciato tutto a loro e sono andato via. Meglio un padre morto che un cattivo padre».
Il suo viso è segnato dalla sofferenza più che dal tempo. Nato nel sud della Francia, trasferito a Milano vent’anni fa, stanziava lungo l’Arno. Lo conobbi durante una delle mie corse mattutine, stendeva dei panni sui rami di un grande albero. Mi urlò di stare attenta, avevo un laccio della scarpa slacciato. Alla fine rimanemmo un’ora e mezzo a parlare, seduti sull’erba. Trasmetteva una piacevole calma.
Come puoi da una vita agiata finire a vivere per strada?, gli domandai. «Quando mia moglie è morta, ho fatto un terribile erreur, grosse erreur! E ho perso i miei figli. Loro sanno che sono morto. Mai dovranno sapere quello che mi è successo: è un segreto che porterò nella tomba». Lo guardai, forse percepì il mio stato d’animo e mi anticipò. «Sai, una volta ho pensato di ammazzarmi. È stato quando un amico mi ha riferito che i miei figli erano felici senza di me. Che non parlavano mai di me nemmeno ai loro bambini. Sono salito su un cavalcavia, ho guardato giù e ho pensato che la mia vita non aveva più senso. Non mancavo a nessuno e non mi sarebbe bastata una vita intera per scontare la mia pena. Quando mossi la prima gamba per scavalcare, iniziò a piovere fortissimo».
Come se il mondo sentisse la tua sofferenza, il pentimento e piangesse con te, gli dissi. «Sì. Ho pensato che non mi avrebbe pianto nessuno, ma in quel modo avrei scelto la via più facile. Devo restare vivo, mi merito di stare da solo, mi merito di vivere così, per strada, in balìa della vita».
Pierre non si lascia aiutare, si sottrae ai volontari e rifiuta qualsiasi invito a potergli acquistare qualche bene di prima necessità. Però ho scoperto che, quando se la sente, collabora con un’associazione che si occupa dei senzatetto. Cambia spesso luogo, sono venuta a sapere che si è trasferito fuori città. È chiaro, non vuole essere trovato.
Sono tornata dopo tempo nel luogo in cui ci siamo conosciuti, cercavo una sua poesia in francese che aveva scritto su un muro. Purtroppo non c’è più nessuna traccia, è stata cancellata. Ho appiccicato proprio lì un biglietto, chissà, magari un giorno ripasserà da quelle parti.
Mi chiedo dove sarà, se mai lo rivedrò, come sarà il suo futuro. Continuerà a scappare? Racconterà mai a qualcuno cosa è successo? Si perdonerà?
Meglio un padre morto che un cattivo padre
Pierre, clochard che ha scelto le rive dell'Arno: «I miei figli mai dovranno sapere la mia storia».