La storia di Zia Caterina e del taxi Milano 25 che accompagna i bambini al Meyer
A guardarla si scorgono tutti i riferimenti dell’infanzia e dei sogni bambini: a tratti è una maga, a tratti un po’ clown, e anche un po’ elfo. Una nuvola di colori e profumo floreale, un grosso cappello fiorito sulla testa, un largo mantello, campanellini ai polsi, occhiali colorati multiforme. Le persone per strada si fermano, la maggioranza di loro la saluta perché è tanto amata e conosciuta. E poi, gli sguardi stupiti e divertiti dei turisti. Ferma l’automobile, il suo fantastico taxi Milano 25, suona il clacson a trombetta che emette una melodia che riporta alla fanciullezza: ehi, ma è “La Cucaracha”! E mentre sono lì a guardarla affascinata al di là del vetro, mi rendo conto che sarà come avevo immaginato: un incontro potente.
È stato scritto tantissimo su questa donna. È sufficiente fare una veloce ricerca in internet per trovare tanti articoli e fotografie. Caterina Bellandi, per tutti “zia Caterina”, tassista regolare la sera e la notte, è quell’angelo che di giorno gira per le strade delle città per accompagnare gratuitamente i bambini malati all’ospedale pediatrico Meyer. E non solo. La sua attività è diventata esempio civile tanto da essere tra le persone insignite, dal capo dello Stato Sergio Mattarella, delle onorificenze dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Caterina, ventidue anni fa la tua vita è cambiata e tu hai cambiato la tua vita. Quando ti guardo mi pare di ritrovarmi dinnanzi a un portale magico che si vuole attraversare, senza sapere dove porterà. Le persone ti ringraziano in una continua condivisione piena d’amore e supporto. Mi racconti la tua storia dall’inizio?
«Come si racconta la mia storia? Con leggerezza. Tutto quello che faccio è nato dalla perdita del mio amore, Stefano, che dopo un cancro è nato in cielo (Caterina usa pochissimo la parola “morte”, ndr). Il taxi era suo, mi chiese di prendermene cura e così ho iniziato. Ora lo guida dal cielo con me ed è un taxi che fa accadere piccoli miracoli, che incontra il mondo. Io incontro te, tu me, ci ascoltiamo, ci aiutiamo. Quello che di me ti piace, lo prendi, lo digerisci, lo riporti e poi lo lasci fiorire. Quello che mi piace di te crescerà dentro di me e porterà a creare un legame con te, sincero, imprescindibile».
Oggi contiamo cinque taxi: il primo storico si trova al Giardino dell’Orticoltura di Firenze, purtroppo vandalizzato, in attesa che gli venga restituita dignità. Il secondo è stato donato a una casa famiglia, a Roma. Il terzo è “sotto i ferri”, destinato all’università di Palermo; gli ultimi due sono nella tua casa che, da tempo, è diventata la “Tana dei Supereroi”. Mi puoi raccontare di cosa si tratta? «Inizialmente ho trasformato il taxi in un luogo accogliente, pieno di colori, giocattoli, fiori, foto e pupazzi. In seguito, ho deciso che anche la mia abitazione attraversasse una metamorfosi e ora è una “casa del sorriso” nella quale i più piccoli (e non solo) possono trascorrere momenti di spensieratezza, emozioni, divertimento e solidarietà, tra una terapia e l’altra. È diventata un luogo speciale per i miei bambini, immersa nel verde, piena di giochi e di disegni raffiguranti Supereroi. Sì, questi bimbi sono veramente dei Supereroi perché per affrontare quello che sono costretti a vivere devono fare cose straordinarie».
Esiste anche un libro dei Supereroi: ogni bambino sceglie il suo avatar e viene raccontato al presente, dal momento in cui inizia la terapia. Non c’è mai la morte. Sono tutti supereroi che non muoiono. C’è chi guarisce, chi ha recidive, eccetera. Il taxi in cui mi ritrovo ora è il quinto ed è dedicato a una bimba che si chiama Sole. Mi corregge: «SuperSole!» Caterina, nel tempo, è riuscita a creare una rete di persone che, tramite la Odv Milano 25, collabora con lei nelle svariate iniziative intraprese a favore dei malati: organizzazione di feste di compleanno, incontri, eventi di vario genere. Si è creato un vero e proprio network di mamme che si passano il numero, si mettono in contatto con lei e restano in contatto anche tra loro.
“Santa Caterina da Siena diceva: se sarete ciò che dovrete essere, metterete fuoco”
Come riesci a convivere quotidianamente con il dolore degli altri, dove trovi la forza? Soprattutto, perché dedichi anima e corpo a queste persone? «Santa Caterina da Siena diceva: se sarete ciò che dovrete essere, metterete fuoco nel mondo. Vuol dire che non dobbiamo restare impassibili e indifferenti, ma dobbiamo occuparci dell’altro, accenderlo, interessarlo, incuriosirlo (Si tocca il petto. Cerca un ciondolo che porta una scritta. Me lo mostra). Amor omnia vincit, perché l’amore vince davvero su tutto. Nei momenti bui diventa il mio mantra e mi aiuta a fare quel che ogni giorno faccio con il cuore in mano, perché anche una piccola luce, per gli altri, può fare la differenza. Risulto “interessante” perché tocco la sensibilità delle persone e mostro quello che non si dovrebbe vedere. La mia è una scelta molto discutibile, anni fa ho avuto tanti ripensamenti. Avevo paura che le persone non capissero e pensassero all’ennesimo fenomeno da baraccone, in attesa dei like sui social. Ho sentito l’esigenza di dover far qualcosa, per me stessa in primis, poi per gli altri. È un circolo d’amore: aiuto me per aiutare gli altri, e viceversa. Quando vedi qualcosa intorno a te che non torna, hai due possibilità: o smetti di guardarla e non ti interessi a quello che succede, oppure fai qualcosa. Questo è il mio motore: non voglio essere come la maggior parte delle persone che si ciba guardando senza muovere un dito. È troppo facile, dalla propria condizione di privilegio, guardare cosa fanno gli altri e prendersi l’arroganza di commentare, giudicare. Per poterlo fare devi vivere quello che vivono gli altri. I famosi leoni della tastiera, per esempio, sono persone che vivono tutelate dietro lo schermo. È una loro scelta. È molto più facile restare a casa, non esporsi in mezzo alla gente. Io guido fino alle due della notte, parlo, ascolto, condivido sentimenti e assorbo quelli degli altri. Cosa fai tu per giudicare me? Bisogna avere rispetto della condizione altrui. Per tanto tempo ho avuto a che fare con la non-accettazione: ho lavorato tanto su me stessa per accettare che posso non piacerti… ma tu per gentilezza dovresti non dirmelo! Sai quante volte ho avuto a che fare con le facce di chi non mi approva? Prima lo vivevo passivamente. Subivo lo stesso disagio che vive una persona additata come “diversa”. Ho deciso di spingermi oltre, così ho creato un progetto sull’educazione al sentimento. Il “diverso” deve valersi della sua identità, deve poter vivere senza avere il timore di essere giudicato. È una cosa terrificante: in ospedale ci sono malati che quasi si vergognano di essere malati. Non è una colpa essere fragili, ammalati, non riuscire a fare le cose! Sei diverso perché non sei riuscito ad essere come gli altri!? Io dico basta! È per questo che, quando mi viene permesso, incontro i ragazzi nelle scuole per trasmettere un messaggio universale di accettazione, comprensione, amore. Noi vogliamo creare una società che educhi alla differenza e all’identità».
Cosa intendi per noi?
«Noi, perché io non sono mai sola. Noi è Stefano in cielo, noi è chi incontriamo, noi è il mirare chi hai di fronte, creare una connessione, noi è la costruzione di qualcosa di più grande dell’Io. Quando nasce una relazione, ti accresci. La chiamano intelligenza sociale, non emotiva, sociale: il tuo cervello si accresce grazie a ciò che incontra. È un’intelligenza senziente, ovvero si tratta del sentire: sento qualcosa, lo elaboro e lo riporto a te, lo sento grazie a te. Se non ti sento, come faccio a mettere in moto questa cosa? Sarebbe un circolo chiuso e non produttivo. È un mutuo soccorso: io sono per te, tu sei per me. Per rimanere vivi, insieme è l’unica soluzione. Amo gli incontri che mi portano altrove, a vivere le cose in maniera diversa. Per intenderci, siamo chiuse nel taxi, bloccate da un’ora, e tu in questo momento sei la ragione per cui non mi arrabbio del traffico!».
È proprio vero, l’ho sempre pensato anche io: siamo esseri relazionali. Esistiamo grazie e nella relazione. Caterina è un vulcano infinito di parole e racconti, il tutto dolcemente accompagnato dal sottofondo musicale dei suoi campanellini che suonano ad ogni movimento delle mani. Sono passate intere ore, mi ha raccontato talmente tanto che è impossibile racchiudere tutto in poche pagine. Il desiderio è poter scrivere ancora di lei, dei suoi incontri, viaggi, ricordi, programmi. Per ora, resto qui, ad ascoltarla rapita, seduta nei sedili posteriori di questo “universo taxi colorato”, con l’idea che è grazie alle persone come lei che si può credere in una società migliore.